Tribuna Poetica: A Silvia,Giacomo Leopardi

Day 2,208, 10:26 Published in Italy Greece by Teo DX



Cari lettori,il terzo episodio di: Tribuna Poetica è dedicato alla lirica A Silvia composta da Giacomo Leopardi, tra il 19 e il 20 aprile del 1828, subito dopo Il risorgimento.
Quando scrisse la poesia, Leopardi si trovava a Pisa, reduce da un lungo periodo in cui si era dedicato esclusivamente alla composizione in prosa. Proprio le ottave metastasiane de Il risorgimento avevano ravvivato nell'autore la scintilla poetica, avviando la serie dei Grandi Idilli. La critica è pressoché concorde nell'identificare la musa ispiratrice di A Silvia in Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi a Recanati, morta di tisi nel fiore della giovinezza.Si tratta di una canzone libera o leopardiana, composta da sei strofe di diversa lunghezza. Vi sono 27 versi privi di rima, gli altri rimano liberamente. L’ultimo verso di ogni strofa rima con uno dei precedenti della medesima stanza ed è sempre un settenario. Gli enjambement sono presenti principalmente nell’ultima strofa e mettono in risalto le parole chiave, ma anche ai versi 7 e 8 per mettere in evidenza la parola “quiete”.

A Silvia

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

COMMENTO
Questa canzone è dedicata ad una fanciulla, Silvia che per il poeta rappresenta i sogni e le illusioni giovanili. Silvia fu, probabilmente, una certa Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, la quale morì giovanissima a causa di una malattia e della quale Leopardi era innamorato. Il poeta le si rivolge nella poesia ricordando il tempo felice della giovinezza in cui entrambi coltivavano speranze per il futuro, tradite poi dalla dura realtà della vita. In conseguenza, il poeta si “scaglia” contro la natura accusandola di ingannare i suoi figli non mantenendo le promesse di felicità che fa crescere nel loro animo. All’apparire dell’amara verità della vita, al cadere delle illusioni, secondo Leopardi non ci restano allora che una tomba disadorna e abbandonata e la morte che, inesorabilmente, pone fine ad ogni cosa.
Il tema dominante della canzone è il ricordo del passato e delle dolci illusioni della giovinezza.
Nel componimento si evidenziano naturalmente ideali poetici del Leopardi quali il pessimismo che caratterizza la maggior parte delle sue opere, o la scelta della poesia come motivo di sfogo personale. Nella poesia emerge chiaramente la concezione leopardiana della natura e del destino dell’uomo.
Sotto l’aspetto della tecnica poetica, la canzone si presenta di sei strofe libere, cioè di varia lunghezza, in cui si alternano endecasillabi e settenari. Il linguaggio si dimostra per lo più letterario e ricercato con accenni a forme e a tempi verbali ormai caduti in disuso (“spendea”, “porgea”,...). La rima non è costante ma si rileva la sua presenza in punti indeterminati della poesia, perciò non è sottoposta a nessun tipo di vincolo.
L’utilizzo della doppia coppia di aggettivi dal significato opposto permette a Leopardi di delineare un ritratto non solo fisico, ma anche psicologico di Silvia (“occhi ridenti e fuggitivi”, “e tu, lieta e pensosa”,...). Inoltre è presente una metafora: infatti nel verso numero 40, Leopardi paragona l’inverno che fa morire le piante tenere, alla malattia che portò la giovane Silvia alla tomba.
La poesia mi è piaciuta molto per la sincera commozione che Leopardi è riuscito a conferire a questi versi.

Per chi volesse ascoltarne l'interpretazione di Vittorio Gassman
A Silvia-Recita:Vittorio Gassman

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